Una società, che produce miscele per la concimazione, proponeva ricorso al T.A.R. avverso i provvedimenti con i quali Provincia e Comune la diffidavano ad osservare tutte le prescrizioni contenute nell'A.U.A. (Autorizzazione Unica Ambientale), a seguito di sopralluogo dal quale era emerso che, nel processo produttivo, veniva utilizzato acido solforico, appositamente stoccato in un serbatoio esterno al capannone e tale prodotto ed il suo utilizzo nel processo produttivo non erano indicati nella relazione tecnica illustrativa.
L’A.U.A., come noto, è una specifica forma di autorizzazione introdotta dal D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59 (in vigore dal 13 giugno 2013) per semplificare gli adempimenti amministrativi ambientali, e rilasciata dallo SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive)
La disciplina sull’A.U.A. si applica alle piccole–medie imprese (PMI), oltre che agli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
Il ricorrente sosteneva l'illegittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto l'utilizzo nel ciclo produttivo di acido solforico non integrava una «modifica», da intendersi, ex 2, co. 1, lett. f) del D.P.R. n. 59/2013, come "ogni variazione al progetto, già autorizzato, realizzato o in fase di realizzazione o dell'impianto, che possa produrre effetti sull'ambiente", poiché da ciò non derivererebbe alcun impatto ambientale.
Il Giudice amministrativo, chiamato a decidere sulla controversia, sottolineava che dalla mera lettura delle disposizioni del D.P.R. n. 59/2013, emerge chiaramente come vada comunicata, da parte dei soggetti istanti l’A.U.A., ogni modifica che “possa produrre effetti sull’ambiente” e, dunque, ogni modifica relativa all’utilizzo di sostanze e di cicli di prodotto. Non rileva, ai fini dell’applicabilità della norma, che la modifica introdotta sia poi ritenuta, a seguito di concreta valutazione espletata dalle Amministrazioni competenti, non influente sull’ambiente, ma solamente il fatto che la stessa, potenzialmente, lo sia. Del resto, lasciare al giudizio del soggetto istante l’A.U.A. la ponderazione circa la rilevanza o meno di modifiche introdotte sarebbe contrario alla ratio della norma, che fa riferimento solo ad una generica possibilità di influenza sull’ambiente di ogni modifica introdotta.
Tale influenza, ai fini della tutela dell’ambiente, va intesa in senso esteso e, cioè, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale della Regione Puglia, con riferimento ad ogni possibilità di modifica dello stesso.
Del resto, prosegue il Giudice, la finalità della norma è quella di sottoporre a controllo pubblico (non a caso trattasi di Autorizzazione) tutte le modifiche potenzialmente idonee a “produrre effetti sull’ambiente”, ivi inclusi anche quelli non permanenti, attesa la rilevanza dell’interesse pubblico in gioco (tutela dell’ambiente) che non può essere compresso in alcun modo né, soprattutto, demandato al mero sindacato del soggetto istante.
Il ricorso è stato, pertanto, rigettato, in quanto il giudizio sull'impatto ambientale di ogni modifica introdotta deve ricomprendere le modifiche anche solo potenzialmente idonee a produrre effetti sull'ambiente.